mercoledì 12 dicembre 2012

Il toro e il salice piangente

Alla base di un buon allenamento c’è la sincerità.



Mi capita spesso con persone che praticano Aikido da pochissimo ricevere  domande del tipo:
“Ma perchè devo attaccare in questo modo piuttosto che in quest’altro?”
“Ma se il primo attacco va a vuoto posso colpire di nuovo?”
“Ma se il mio avversario non si muove subito, perchè devo aspettarlo?”

E così via...



Le domande sono talmente tante che ad un certo punto mi  verrebbe da urlare “BASTAAAAA!!!!!!!!”, ma poi mi rendo conto di una cosa semplicissima.
Quelle domande sono tutte lecite.
E’ ovvio che quando si studia una forma, bisogna entrare nella mentalità schematica della forma, in maniera da ripeterla per poterne assimilare i principi. Però dopo potrebbe accadere qualcosa di insolito, gli allievi che inizialmente facevano tante domande, rischiano di essere risucchiati da un buco nero, ovvero smettono di farsi domande proprio quando dovrebbero.



Magari praticano da anni e proprio quando dovrebbero andare oltre la forma, oltre lo schema, ne rimangono prigionieri.


Ed ecco che viene fuori il toro.

Assistiamo così a scene “preconfenzionate”, attacchi telecomandati, proiezioni già stabilite 5 minuti prima che cominci l’attacco.
Questi praticanti sembrano un toro che parte appena vede uno straccio rosso e va avanti con i paraocchi.


Una minima variabile nello schema li manda in crisi, hanno difficoltà ad adattarsi ed il motivo è che sanno allenarsi sono all’interno di una schema prestabilito.

Io preferisco di gran lunga il salice piangente, capace di adattarsi a ogni situazione.



Se il vento è forte si piega, quando il vento cede ritorna come era prima.
Sente tutto ciò che gli succede attorno.

Magari in casi del genere è probabile che non vedremo mai applicare una tecnica da “manuale”, ma riusciremo a notare una notevole capacità adattiva, un continuo fluire tra attacco, capacità di adattarsi e risposta all'attacco.


Non dobbiamo mai accettare le cose passivamente, non dobbiamo mai smettere di metterci in discussione, non dobbiamo smettere mai di fare domande, un po’ come fanno i bambini.

“Il grande uomo è colui che non perde il suo cuore di bambino”
Meng-Tzu



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