mercoledì 20 marzo 2013

Lo Zen e il tiro con l'arco


“...Il tiro con l’arco ora come allora è una faccenda di vita o di morte, in quanto è lotta dell’arciere con se stesso; e una lotta di questo genere non è un mistero surrogato, ma il fondamento di ogni lotta rivolta all’esterno – e sia pure contro un’avversario in carne e ossa.

Se partendo da qui si chiede ai maestri d’arco come vedano e rappresentino questa lotta dell’arciere con se stesso, la loro risposta apparirà del tutto enigmatica. Perchè per essi la lotta consiste nel fatto che il tiratore mira a se stesso – eppure non a se stesso – e ciò facendo forse coglie se stesso – e anche qui non se stesso – e così insieme miratore e bersaglio, colui che colpisce e colui che è colpito. Oppure, per servirmi di espressioni care a quei maestri, bisogna che l’arciere, pur operando, diventi un immobile centro....”

                                            
   Da “Lo Zen e il tiro con l’arco” di Herrigel Eugen



Questo brano letto e riletto tante volte, mi è sempre rimasto dentro, lo stesso principio espresso in questo brano va applicato allo studio delle arti marziali.

Non ha senso allenare esclusivamente la forza fisica, altrimenti ci stiamo affidando ad una pratica che funziona solo fino a quando non incontriamo qualcuno più forte di noi.



La vera forza di un buon allenamento è la padronanza di sé.



Mentre ci stiamo allenando ci possiamo permettere di capire e distinguere un movimento corretto da uno sbagliato, ma in una situazione di pericolo non abbiamo nè il tempo nè probabilmente la lucidità per farlo.

In questa situazione se siamo fermi a pensare cosa sarebbe giusto o sbagliato fare allora abbiamo perso in partenza, dobbiamo solo dare libertà al corpo di agire, e la tecnica troverà da solo il bersaglio, come avviene per la freccia dell’arciere zen.



Per poter lavorare in questo modo c’è bisogno di sentire l’avversario, sentirlo attraverso le nostre braccia, le nostre mani, le nostre gambe, dobbiamo mettere in ascolto il nostro corpo, il quale attraverso le sensazioni date dal nostro avversario ci permette di trovare una nostra via di espressione, piuttosto che decidere a priori cosa fare.





mercoledì 6 marzo 2013

L'allenamento, il giubbino e la pelle.


In una giornata qualunque, andando in giro per fare un po' di spese mi trovo a passare davanti ad una vetrina di un negozio di abbigliamento.
Rimango molto colpito da un giubbino, mi piace, cattura subito la mia attenzione, in particolar modo resto attratto dal fatto che calza molto bene, il modo in cui il manichino indossa il giubbino è perfetto.




Preso da questo entusiasmo entro nel negozio e chiedo alla commessa di voler provare il giubbino in questione e appena lo indosso mi piazzo davanti allo specchio, beh a questo punto non potreste mai immaginare lo stupore dipinto sul mio volto, quel giubbino mi sta da schifo, largo, lungo, grinze ovunque, insomma mi rendo conto di indossare uno straccio.
Preso dallo sconforto comincio a guardarmi attorno cercando la commessa per dirle che ho cambiato idea e mentre la cerco noto che ci sono nel negozio tanti altri clienti che alla ricerca di qualcosa, indossano diversi capi di abbigliamento.
Mi accorgo così che ci sono capi di abbigliamento uguali che stanno malissimo ad alcuni mentre ad altri calzano bene, un po' com'era accaduto a me.

Uscendo dal negozio mi chiedo "ma cosa pinge a comprare un capo di abbigliamento piuttosto che un altro?" La risposta mi arriva subito
1) deve essere funzionale, se fa caldo acquisterò una polo, una camicia, una t-shirt, se fa freddo magari ho bisogno di un maglione, una giacca a vento e così via, in pratica il primo obiettivo e capire a cosa deve servire il capo di cui ho bisogno.
2) mi deve piacere, mi deve stare bene addosso, deve calzarmi bene a pelle.

Dopo aver capito tutto ciò ho un illuminazione enorme, ho pensato subito "ma questo è ciò che deve accadere anche nell'allenamento".


Un insegnante deve insegnare i principi che ci sono dietro la tecnica e lasciare libertà di espressione all'allievo.
Non deve imporre la propria scelta di fare una tecnica in un determinato modo solo perché è lui stesso a farla, io per esempio siccome sono abbastanza alto ho imparato con il tempo a fare shiho-nage in un certo modo perché era improbabile che potessi passare sotto al braccio di uke, ma ovviamente non ha senso che insegni a fare la tecnica in questo modo ad un allievo alto 1.65 m, ha senso che io gli insegni i principi di shiho-nage ed i principi che gli insegneranno come imparare a scegliere una forma piuttosto che un altra.

Diffidate dalle persone che vi impongono le proprie forme senza farvi capire ciò che c'è dietro, d'altra parte voi comprereste mai un giubbino solo perché a qualcuno calza bene e a voi sta malissimo?

L'allenamento è una questione di pelle, bisogna capire cosa riusciamo ad indossare bene.