Oggi, vi racconto una storia.
Reduce da uno stage di Aikido, durante il quale mi sono impegnato a fare tantissime foto, immaginerete il mio sconforto nel momento in cui torno a casa e mi rendo conto che la SD non è leggibile, nessun dispositivo riesce ad accedere alla scheda di memoria, mi viene da piangere al solo pensiero di aver perso tutte le foto.
Dopo svariati tentativi, scopro che in Germania esiste una azienda Recoverfab (http://recoverfab.com/) che si occupa di recupero dati da dispositivi di memoria danneggiati, leggendo direttamente dal chip di memoria, si tratta di una azienda di massima serietà, non si fanno pagare prima, effettuano prima il lavoro, forniscono una preview di ciò che sono riusciti a recuperare e se il cliente è soddisfatto del risultato, dopo aver pagato, riceve i dati apparentemente persi, altrimenti il cliente non caccia un centesimo.
Il sito è il seguente http://recoverfab.com/ si tratta di una azienda eccezionale che in tempi recordo è riuscita a recuperare tutte le mie foto.
In sinstesi, per qualunque problema di accesso a dispositivo di memoria affidatevi a loro, RACCOMANDATISSIMI!!!
aikidoepensieri
lunedì 28 settembre 2015
martedì 29 luglio 2014
Tesina Esame Secondo Dan
Questione di Punti di vista
Introduzione
Punto
di vista, ovvero il punto dal quale gli occhi di chi osserva vede un soggetto.
Una
volta chiarita la definizione oggettiva del concetto di punto di vista,
possiamo passare a tutto ciò che concerne la sfera personale.
Posso
affermare con estrema certezza di essere sempre stato affascinato dal concetto
di punto di vista, ovvero da come il mondo intero possa cambiare in base alla
persona che sta osservando.
Cambiando
semplicemente il punto di osservazioni possiamo notare cose che prima erano
celate.
Non
si tratta semplicemente di stravolgere il punto di osservazione, a volte basta
anche un minimo movimento, l’importante è essere sempre in grado di saper
vedere le cose da più prospettive, solo così ci accorgiamo che ciò che è bello
per noi, può essere brutto per un altro o ciò che noi riteniamo inutile può
essere vitale per altri e così via; parafrasando un cantautore moderno "Dicono che gli arabi scrivono al contrario, Mohammed ha detto che io scrivo al contrario."[1]
Una
volta appreso questo concetto, tutto l’universo assume una connotazione
speciale, perché sappiamo che ogni cosa, anche la più insignificante per noi
potrebbe essere fondamentale per altri, e per questo motivo ci rendiamo conto
che in ogni istante ed in ogni luogo ci possono essere infinite opportunità per
poter vedere questo mondo speciale e degno di rispetto.
In
una sua fase iniziale questa tesina doveva nascere con l’obiettivo di
illustrare come e perché cambia il modo di approcciarsi all’Aikido nel momento
in cui si smette di essere allievi di qualcuno e si comincia ad essere
insegnanti di qualcuno (anche se ritengo che un bravo insegnante non debba mai
smettere di essere allievo, altrimenti la sua vita da insegnante sarà molto
breve).
Mentre
fantasticavo su questa idea, ho pensato che è tutta una questione di punti di
vista.
Una
determinata cosa non cambia il suo essere, rimarrà sempre quella determinata
cosa, sono gli occhi di chi osserva che notano certe sfaccettature piuttosto
che altre.
Pertanto
una determinata tecnica di aikido, non cambia il suo essere, ma gli occhi di un
allievo la vedranno in un certo modo e gli occhi di un insegnante in un altro
modo, come verrà dettagliato nel paragrafo 1.
Nel
paragrafo 2 invece verrà spiegato come cambiando continuamente il rapporto tra
uke e tori cambi il punto di vista di vista di tori, e di conseguenza la
possibilità che ha quest’ultimo di poter effettuare o meno determinate
tecniche..
Infine
nel paragrafo 3 verrà analizzato il fatto che un punto di vista è strettamente
personale e pertanto la soluzione di una persona ad un problema non
necessariamente è la soluzione di un'altra persona, pertanto i maestri
dovrebbero insegnare agli allievi come diventare liberi di esprimere se stessi.
Paragrafo 1
A
tutti i lettori di questa tesina (spero ce ne sarà almeno qualcuno), propongo
un gioco.
Immaginiamo
di stare con gli occhi chiusi, e immaginiamo che una persona si trovi davanti a
noi dopo che abbiamo chiuso gli occhi, a questo punto ci viene chiesto, una
volta aperti di gli occhi, di dire il colore degli occhi di questa persona.
Nel
momento in cui apriamo gli occhi però ci accorgiamo che questa persona è girata
di spalle e di conseguenza non potremmo mai saperne con certezza matematica il
colore degli occhi, possiamo solo tirare ad indovinare.
Perché?
Ovvio
perché stiamo guardando dal punto di vista sbagliato.
Per
anni sono stato agevolato nella pratica delle arti marziali, poiché ho avuto la
fortuna di avere degli insegnanti che mi dicessero cosa fare e cosa non fare.
Tuttavia
un bel giorno mi sono trovato dall’altro lato della barricata ed ho cominciato
a dover insegnare.
inizialmente
mi sono sentito sconfortato, ho pensato “E adesso cosa devo dire, cosa devo
correggere, cosa devo spiegare?”.
Ho
avvertito insomma la necessità di rivedere tutta la mia pratica da un punto di
vista differente.
Ho
dovuto cercare di capire cosa fosse realmente importante, ho dovuto scavare a
fondo, arrivare al cuore del principio, estirpare la radice di ciò di cui
finora avevo solo visto le foglie e mostrarla ai miei allievi.
Quindi
ho dovuto rianalizzare tutto ciò che conoscevo dell’aikido, ho dovuto
riesaminare tutto da capo, ho scoperto che molte cose le davo per scontato, ho
dovuto in sintesi fare un vero e proprio processo di analisi a ritroso per
capire l’essenziale.
In
pratica questo cambio di prospettiva da allievo a insegnante, per il quale sono
stato costretto a rianalizzare tutto da un nuovo punto di vista, ha fatto in
modo che io fossi il primo allievo di me stesso.
E’
partito un vero e proprio processo di decodifica, in quanto da insegnante non è
più tanto importante ad esempio che una gamba debba spostarsi in avanti di 3
centimetri, ma diventa importante “perché” si debba spostare.
Questo
lavoro a ritroso, mi ha portato a gestire le lezioni di aikido nel seguente
modo.
Una
volta scelta una tecnica qualunque, è partito un processo di scomposizione,
attraverso il quale cercavo di eliminare tutta la parte esterna e visibile di
una tecnica, cercando di andare alla radice vera e propria della tecnica, al
vero principio, all’essenziale che, come ha correttamente scritto qualcuno “è
invisibile agli occhi”.[2]
Michelangelo
Buonarroti quando aveva un blocco di marmo davanti, sosteneva che non vedeva il
blocco di marmo, vedeva già la statua, pertanto lo scultore non crea la statua,
elimina dal blocco di marmo tutti i pezzi superflui, facendo in modo che la
statua riveli da sola il suo vero essere, la sua vera natura.
L’idea
era la stessa, eliminavo dal lavoro della tecnica tutto ciò che ritenevo non
far parte del principio, ovvero tutto ciò che è riconducibile alla sfera
personale che ogni persona può mettere all’interno di una tecnica.
Il
mio obiettivo, in quanto insegnante era cambiato, non dovevo più ripetere dei
movimenti che mi venivano mostrati, dovevo capire perché certi movimenti
dovevano essere fatti, e quale era il principio dietro a questi movimenti,
capire la radice del movimento.
Una
volta carpita questa radice, l’ho mostrata ai miei allievi, tramite dei movimenti
di base molto semplici, ai quali di volta in volta aggiungevo altro per
arrivare alla costruzione completa di una tecnica, in sintesi mostravo ai miei
allievi come da quella radice loro potessero sviluppare dei rami, delle foglie
o dei fiori.
Per
fare tutto questo ho dovuto cambiare il mio modo di approccio all’aikido,
quindi ho dovuto cambiare il mio punto di vista.
Paragrafo 2
Ci
sono cose che si possono fare e cose che non si possono fare, su questo non
credo ci siano dubbi.
La
faccenda si complica quando cominciamo a chiederci “Quali sono le cose che
posso o non posso fare?”
Uno
degli errore principali in Aikido è quello di decidere come reagire ad un
attacco prima ancora che questo attacco venga sferrato.
Niente
di più sbagliato!
Credo
che un lavoro corretto sia il seguente, dopo un attacco, innanzitutto mi muovo
per uscire dall’attacco, al fine di evitare di essere colpito, dopodiché prendo
un punto di contatto con uke attraverso il quale posso “sentire” le sue
intenzioni.
Una
volta innescato questo punto di contatto, fintanto che si manterrà questo
contatto, si viene a creare un sistema unico tra uke e tori ed a tal punto
possono accadere due cose:
1)Il sistema si mantiene fermo
2)Il sistema si muove
Se
ci troviamo nel primo scenario, sarebbe opportuno cominciare a destrutturare
uke, a fare un lavoro di pressione, un lavoro che riempie gli spazi vuoti e
svuoti gli spazi pieni. A tal punto uke comincia a muovere il suo corpo in
risposta allo stimolo di Tori, e se si muove uke si muove anche tori, di
conseguenza, il sistema si muove.
A
tal punto il primo scenario rientra nel secondo, quindi possiamo considerare
direttamente il secondo scenario.
Da notare come fino ad ora non si è parlato di
nessuna tecnica di risposta di Tori, rispetto ad un qualunque attacco di Uke.
Una
volta che il sistema si muove e tori resta all’interno di questo sistema, accade
che tori, tramite il punto di contatto, può “sentire” in ogni dato istante le
intenzioni di uke, e quindi sa rendersi conto di quali tecniche possa o non
possa fare (rispondendo così all’angosciosa domanda iniziale).
In
tal caso sarà la tecnica che si mostrerà a noi, e verrà effettuata in maniera
totalmente libera e fluida, e non saremo noi che, per gonfiare il nostro ego,
scegliamo una tecnica a caso e ci sforziamo di farla funzionare.
Tutto
questo però funziona solo se siamo in grado di ascoltare attraverso quel famoso
punto di contatto, se non ascoltiamo la domanda, non sapremo mai qual è la
risposta.
Ogni
volta che il sistema cambia, se ne facciamo parte, possiamo “ascoltare” il
cambiamento ed adattarci ad esso, di conseguenza ci troveremo a guardare il
sistema sempre da punti di vista differenti.
Non
dovremmo essere la variabile che forza il cambiamento del sistema, bensì
dovremmo fare parte del sistema ed essere in gradi di adattarci ad esso ogni
volta che della variabili ne cambiano la struttura.
Paragrafo 3
Abbiamo
parlato in precedenza di scultura, se provassimo ora a fare un discorso più
generale, che ad esempio possa includere musica, pittura, e via discorrendo,
possiamo parlare di arte.
Un
vero maestro di una qualunque forma d’arte, insegna ai proprio allievi i
principi, i fondamentali di un arte, dopodiché l’allievo attraverso questi principi
esprime la sua personalità.
L’Aikido
è un arte marziale ed in quanto arte dovrebbe perseguire lo stesso obiettivo,
tuttavia molti allievi hanno l’abitudine di fare una pratica da “fotocopia”,
ripetendo esattamente, ed a volte purtroppo anche ciecamente, gli stessi
movimenti dei proprio insegnanti.
A
cosa serve tutto ciò?
Sarebbe
come se Chopin avesse insegnato ad un suo allievo a ripetere esattamente alla
maniera di Chopin tutte le composizioni di Chopin stesso.
Non
serve.
Uno
Chopin già lo avevamo, perché averne due uguali?
Oltretutto
se vogliamo restringere stavolta il campo, facendo quindi un discorso
esclusivamente marziale, potremmo trovarci nella seguente situazione.
Mi
trovo all’interno di un conflitto , sono in grado di risolverlo?
Forse
sì, ma non è detto che se riuscissi a risolverlo, la mia soluzione debba essere
uguale per tutti quanti.
Per
esempio possono esserci dei vincoli fisici che a me non permettono certi
movimenti perché sono alto 1,80m e magari un'altra persona alta 1,60m può
farli.
E’
il principio che sta alla base che è importante, la forma di applicazione è
personale.
Quindi
in sintesi un insegnante dovrebbe fare in modo che i propri allievi, una volta
appresi i principi, siano in grado di esprimere se stessi, attraverso il
proprio punto di vista.
Conclusioni
L’obiettivo di questo lavoro non è quello di aver scritto
in maniera esaustiva come si prepara una lezione di Aikido, bensì quanto
attraverso l’Aikido io abbia imparato ancora di più ad apprezzare il fatto che guardando
il mondo da punti di vista differenti si riesca ad essere più in armonia con il
mondo stesso.
"Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! E' proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare. Ecco, quando leggete, non considerate soltanto l'autore. Considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice 'molti uomini hanno vita di quieta disperazione', non vi rassegnate a questo. Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale, guardatevi intorno![suona la campanella, gli studenti continuano a salire a turno sulla cattedra] Ecco, così! Bravo Priske! Grazie! Sì! Osate cambiare, cercate nuove strade. Allora, in aggiunta agli esercizi, vorrei che componeste una poesia. Tutta vostra, un lavoro originale. [canticchia accendendo e spegnendo la luce a grande velocità] Si, una poesia. E dovrete leggerla ad alta voce di fronte alla classe. Martedì. Bonne chance, giovanotti."[3]
Credo che sia difficile
mettere la parola fine ad una tesi, non penso si riescano a coprire in maniera
esaustiva tutti gli argomenti, ed inoltre ci saranno sempre degli spunti di
pensiero per chi legge.
Per quanto mi sforzi, credo
di non riuscire ma a chiudere una tesi con la parola fine.
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Tesina
giovedì 8 maggio 2014
Gestire il caos
Chiudete gli occhi.
Immaginate una linea curva chiusa, con un ipotetico punto di partenza che coinciderà ovviamente con il punto di arrivo.
Adesso immaginate di percorrere quella linea, ed una volta arrivati al traguardo, la percorrete di nuovo, e di nuovo, e di nuovo...
Che noia!!!
Magari dopo tante volte saremo diventati dei campioni, sapremo tutto nei minimi dettagli di come si compone quella linea, ma attenzione, conosceremo solo quella linea e nient'altro.
Un po' come quando da bambini alcuni di noi giocavano con le piste automobilistiche elettriche.
Io andavo matto per quel gioco, ma diciamocela tutta, alla fine si trattava solo di gestire la velocità corretta per evitare di uscire fuori pista nelle curve, il percorso, per dirla in termini biblici, faceva già parte di un disegno ben definito.
Adesso invece provate ad immaginare un contenitore abbastanza grande da contenere un numero notevole di biglie ferme in perfetto equilibrio tra loro e voi siete una di queste biglie ferme.
Ad un certo punto nel contenitore viene inserita una biglia con una certa velocità che urterà un altra biglia all'interno del contenitore, che ne urteranno altre, le quali si andranno a scontrare contro altre ancora e così via.
Quello che accade è che voi non saprete mai chi, come e da dove vi si scaglierà contro, quello che conta è soltanto la vostra capacità di adattarsi all'interno di un sistema in continuo cambiamento.
Questa è la sostanziale differenza tra allenamento e pratica.
Ma non solo!!!
In ogni momento della nostra vita noi abbiamo una scelta.
Vogliamo essere preda degli eventi e viverli in maniera passiva come all'interno di un percorso definito da altri oppure vogliamo essere consapevoli di ciò che accade e diventare padroni di noi stessi?
Abbiamo infinite opportunità per rendere la nostra vita speciale.
martedì 22 aprile 2014
Armonia
Quando si gioca una partita di calcio l'obiettivo è vincere e per vincere ciascuna squadra deve cercare di fare più goal dell'altra.
Sfido però chiunque di voi ad aver assistito ad una partita di calcio in cui ogni giocatore nell'esatto momento in cui prende possesso della palla, tiri a porta a prescindere da dove si trova, quanti avversari ha davanti e tanti altri parametri.
Nonostante lo scopo sia quello di fare goal, ci sono dei momenti in cui si costruisce, si crea una azione favorevole, si cerca di portare nell'area di attacco molti compagni di gioco.
Quindi si può affermare che c'è un tempo dedicato allo scopo finale e c'è un tempo dedicato alla costruzione di uno scenario che renda favorevole raggiungere lo scopo finale.
Nell'aikido non sempre questo sembra essere chiaro, si assiste spesso a pratiche in cui appena i due partner vengono in contatto tra loro, uno dei due abbia già deciso quale tecnica fare, anche se è assolutamente impraticabile in quel determinato scenario, ma la deve fare perché così ha deciso, a prescindere da tutto.
La tecnica si mostra da sé; non siamo noi a decidere, magari cinque minuti prima che l'altro ci attacchi, quale tecnica fare.
Bisognerebbe lavorare in modo tale che l'avversario attacchi nel modo che preferisce, poi provare ad evitare il suo attacco, dopodiché ingaggiare un contatto con lui, e poi destrutturarlo ed infine eventualmente portare a termine una tecnica, oppure se non c'è bisogno più di andare avanti, si può anche evitare di fare la tecnica.
Si dice che nella musica l'armonia sia data dalle pause, a me piace pensare che sia così anche nell'aikido.
mercoledì 5 febbraio 2014
Carte da regalo
Ogni volta che assisto ad uno scambio di regali, vedo in
linea di massima sempre la stessa scena.
La persona che riceve il dono ammira prima la confezione e
poi scarta il regalo, a questo punto il mondo si divide in due categorie, i
distruttori di carte da regalo e i preservatori delle carte da regalo.
Il ricevente dopo aver scartato in base al proprio stile il
suo dono, contemplandone il contenuto rimane "tendenzialmente"
stupito del regalo, in senso positivo o in senso negativo.
Dopodiché la carta ed i vari imballaggi vengono gettati
nella spazzatura ed il regalo, se è stato apprezzato troverà la sua giusta
collocazione nella sfera personale della persona che lo ha ricevuto, altrimenti
potrebbe fare la stessa fine della carta che lo conteneva.
Ora c'è da dire che l'essere umano è straordinario, perché è
in grado di fare sia una cosa, sia il suo esatto contrario.
Un insegnante di aikido è solo un uomo con un hakama,
pertanto non mi lascio stupire dall'hakama che indossa, scarto via l'hakama e
valuto l'uomo.
Dovremmo imparare a non mitizzare certe figure, valutare le
persone per quello che ci trasmettono, non per quello che provano a vendere.
Non valutate le
persone dai paramenti che indossano ma dal cuore che c'è sotto.
Con l'argilla costruiamo un vaso, ma è il vuoto al suo
interno quello che veramente ci serve.
lunedì 27 gennaio 2014
Il bonsai e il punto di contatto
“Bonsai è l'arte di creare miniature di alberi, coltivandoli per anni in un piccolo vaso. Con questa particolare tecnica si indirizza la pianta, durante il processo di crescita, ad assumere le forme e dimensioni volute, pur rispettandone completamente l'equilibrio vegetativo e funzionale.”
(da Wikipedia)
Domenica mattina sono stato da un amico nonché allievo di Aikido, il quale coltiva bonsai, tra una chiacchera e l'altra ad un certo punto lui mi fa "vieni dai ti faccio vedere i miei bonsai".
Non potete immaginare lo stupore e la gioia quando mi sono trovato davanti circa 15 bonsai, uno più bello dell'altro, i miei occhi non sapevano su quale soffermarsi di più per poterne ammirare la bellezza.
In quella dimensione estatica lui ha cominciato a spiegare in che modo cura queste piante, e mi spiegava che se vuoi che alcuni rami prendano una determinata strada ed una forma specifica, bisogna "condizionare" il loro percorso, attraverso del filo di metallo, ma bisogna farlo in maniera opportuna, perché se è tutto troppo "morbido" la pianta non ti segue, se è troppo rigido la pianta rischia di spezzarsi.
A tal punto io gli ho detto che noi aikidoka facciamo esattamente la stessa cosa, una volta stabilito un punto di contatto con il nostro avversario, se vogliamo lavorare su quel punto di contatto dobbiamo usare lo stesso criterio, se siamo troppo rigidi, o "spingiamo" troppo verso quel punto di contatto, rischiamo che il nostro avversario non potendo resistere a quella forza vada via, si allontani da noi, spezzando appunto quel legame, mentre se siamo troppo morbidi, il nostro avversario non ci seguirà mai perché non siamo presenti.
Se sappiamo applicare questo principio all'arte dei bonsai, saremo maestro di bonsai, se sappiamo applicare questo principio all’aikido, saremo maestri di aikido, se sappiamo applicare questo principio alla vita di tutti i giorni saremo maestri di vita.
venerdì 24 gennaio 2014
Questione di ingredienti
"Questa settimana impareremo a preparare una crostata alla frutta, di fronte a voi troverete tutti gli ingredienti. Mettetevi all'opera" disse lo chef alla classe di apprendisti cuochi.
I ragazzi si misero subito all'opera.
Dopo una settimana di crostate alla frutta, lo chef disse "Mi raccomando questa è l'ultima lezione di crostate poi il corso è finito, non deludetemi proprio ora, cominciate subito a cucinare".
Quando il primo ragazzo scoprì il panno che copriva gli ingredienti pensò si trattasse di uno scherzo, ma subito un lieve brusio si alzò nella sala, tutti i ragazzi si guardarono e capirono che a tutti era toccata la stessa sorte, al posto della frutta c'erano peperoni, zucchine e melanzane.
Lo sgomento dei ragazzi si fece sempre più forte attraverso le loro voci e lo chef li zittì intimando "Muovetevi avete poco tempo!!!".
Trascorso il tempo necessario tutti consegnarono la crostata con le verdure, una vera porcheria ed ogni volta che un ragazzo mostrava la sua crostata di verdure lo chef muoveva rassegnato la testa a destra e sinistra.
L'ultimo ragazzo gli presentò delle verdure grigliate dicendo "l'accoppiamento crostata/verdura non credo sia giusto, una crostata senza niente non credo sia proponibile, l'unica cosa che mi sentivo di fare con gli ingredienti che avevo erano delle verdure grigliate" e fu in quel momento che un sorriso si fece strada sul viso dello chef il quale pensò soddisfatto "ben fatto".
La tecnica durante l'allenamento è un strumento non il fine ultimo, non l'obiettivo, attraverso la tecnica e l'allenamento riusciamo ad acquisire tutta una serie di strumenti che ci permettono di poterci esprimere liberamente, non siamo schiavi della tecnica ma padroni delle nostre potenzialità attraverso gli strumenti acquisiti dalla tecnica.
Se il nostro partner si sta allenando con noi sapendo già quello che io sto per fare e proprio per questo si sforza di non farmelo fare, non bisogna insistere, se lui cambia qualcosa la cambio anche io.
"Chi è più pazzo, il pazzo o il pazzo che lo segue?"
I ragazzi si misero subito all'opera.
Dopo una settimana di crostate alla frutta, lo chef disse "Mi raccomando questa è l'ultima lezione di crostate poi il corso è finito, non deludetemi proprio ora, cominciate subito a cucinare".
Quando il primo ragazzo scoprì il panno che copriva gli ingredienti pensò si trattasse di uno scherzo, ma subito un lieve brusio si alzò nella sala, tutti i ragazzi si guardarono e capirono che a tutti era toccata la stessa sorte, al posto della frutta c'erano peperoni, zucchine e melanzane.
Lo sgomento dei ragazzi si fece sempre più forte attraverso le loro voci e lo chef li zittì intimando "Muovetevi avete poco tempo!!!".
Trascorso il tempo necessario tutti consegnarono la crostata con le verdure, una vera porcheria ed ogni volta che un ragazzo mostrava la sua crostata di verdure lo chef muoveva rassegnato la testa a destra e sinistra.
L'ultimo ragazzo gli presentò delle verdure grigliate dicendo "l'accoppiamento crostata/verdura non credo sia giusto, una crostata senza niente non credo sia proponibile, l'unica cosa che mi sentivo di fare con gli ingredienti che avevo erano delle verdure grigliate" e fu in quel momento che un sorriso si fece strada sul viso dello chef il quale pensò soddisfatto "ben fatto".
La tecnica durante l'allenamento è un strumento non il fine ultimo, non l'obiettivo, attraverso la tecnica e l'allenamento riusciamo ad acquisire tutta una serie di strumenti che ci permettono di poterci esprimere liberamente, non siamo schiavi della tecnica ma padroni delle nostre potenzialità attraverso gli strumenti acquisiti dalla tecnica.
Se il nostro partner si sta allenando con noi sapendo già quello che io sto per fare e proprio per questo si sforza di non farmelo fare, non bisogna insistere, se lui cambia qualcosa la cambio anche io.
"Chi è più pazzo, il pazzo o il pazzo che lo segue?"
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