giovedì 27 dicembre 2012

Non prendiamoci in giro

In passato, quando ancora non esistevano internet, youtube e affini (oddio sembra che stia parlando di secoli fa, ma credetemi, quando io cominciai a praticare ancora non c’erano tutti gli strumenti che abbiamo oggi ed ho solo 32 anni), noi praticanti eravamo molto sfortunati, poichè ci potevamo affidare soltanto all’insegnamento nei dojo e alla lettura di qualche libro. 

Sicuramente chi è della mia età ed ha dimestichezza con l’aikido, tra i vari testi che gli sono passati sotto mano ha letto “L’aikido e la sfera dinamica”.



Bene ora credo che dopo “L’aikido e la sfera dinamica” sia opportuno scrivere “L’aikido e la palla di lardo”.






Esistono delle persone (le palle di lardo di cui sopra) per le quali in aikido c’è un obiettivo da raggiungere ed una volta arrivati smettono di allenarsi, io sinceramente non credo sia così, ho sempre pensato che, salute permettendo, praticherò aikido per tutta la mia vita, senza aver mai e sottolineo mai, aver raggiunto un obiettivo finale. 



Mi spiego meglio, grazie alla pratica dell’aikido ho raggiunto tantissimi obiettivi che non starò qui ad elencare anche perchè non credo vi interessi, ma di certo nessuno di questi obiettivi era un traguardo.



Purtroppo non esiste un traguardo finale, non potrò mai dire “Ok sono arrivato qui, ora posso smettere di allenarmi”.
Assolutamente no, non esiste fesseria più grande di questa.

Con che coraggio continuerò a salire su un tatami se decido di non allenarmi più, come posso pensare di continuare ad insegnare qualcosa agli altri se io stesso ho deciso di voler smettere di imparare.
Quindi non prendiamoci in giro, in aikido ci si allena tutti insieme, si sale sul tatami, si suda e si pratica, ma non c’è qualcuno che guarda gli altri dal piedistallo e dice “Tu fai questo, tu quest’altro” con le terga a riposare.


Un allievo che ho conosciuto da poco, a tal proposito mi ha detto una frase semplice ma geniale, mentre parlavamo di ciò.

“Chi pratica male, insegna male!”

 Semplice ma geniale allo stesso tempo.

mercoledì 12 dicembre 2012

Il toro e il salice piangente

Alla base di un buon allenamento c’è la sincerità.



Mi capita spesso con persone che praticano Aikido da pochissimo ricevere  domande del tipo:
“Ma perchè devo attaccare in questo modo piuttosto che in quest’altro?”
“Ma se il primo attacco va a vuoto posso colpire di nuovo?”
“Ma se il mio avversario non si muove subito, perchè devo aspettarlo?”

E così via...



Le domande sono talmente tante che ad un certo punto mi  verrebbe da urlare “BASTAAAAA!!!!!!!!”, ma poi mi rendo conto di una cosa semplicissima.
Quelle domande sono tutte lecite.
E’ ovvio che quando si studia una forma, bisogna entrare nella mentalità schematica della forma, in maniera da ripeterla per poterne assimilare i principi. Però dopo potrebbe accadere qualcosa di insolito, gli allievi che inizialmente facevano tante domande, rischiano di essere risucchiati da un buco nero, ovvero smettono di farsi domande proprio quando dovrebbero.



Magari praticano da anni e proprio quando dovrebbero andare oltre la forma, oltre lo schema, ne rimangono prigionieri.


Ed ecco che viene fuori il toro.

Assistiamo così a scene “preconfenzionate”, attacchi telecomandati, proiezioni già stabilite 5 minuti prima che cominci l’attacco.
Questi praticanti sembrano un toro che parte appena vede uno straccio rosso e va avanti con i paraocchi.


Una minima variabile nello schema li manda in crisi, hanno difficoltà ad adattarsi ed il motivo è che sanno allenarsi sono all’interno di una schema prestabilito.

Io preferisco di gran lunga il salice piangente, capace di adattarsi a ogni situazione.



Se il vento è forte si piega, quando il vento cede ritorna come era prima.
Sente tutto ciò che gli succede attorno.

Magari in casi del genere è probabile che non vedremo mai applicare una tecnica da “manuale”, ma riusciremo a notare una notevole capacità adattiva, un continuo fluire tra attacco, capacità di adattarsi e risposta all'attacco.


Non dobbiamo mai accettare le cose passivamente, non dobbiamo mai smettere di metterci in discussione, non dobbiamo smettere mai di fare domande, un po’ come fanno i bambini.

“Il grande uomo è colui che non perde il suo cuore di bambino”
Meng-Tzu